Posizione di AICARR sul funzionamento degli Impianti Di Climatizzazione durante l’emergenza Sars-Cov2-19

1. Premessa

Viene riportato il testo integrale del documento AICARR sulle modalità di funzionamento degli impianti di ventilazione e condizionamento (o climatizzazione) dell’aria nella diffusione della pandemia da SARS2-CoV-19 c’è purtroppo molta confusione: si va dal fraintendimento classico di confondere questo virus con la legionella, un batterio con tipologie di crescita e diffusione completamente diverse, fino a vere e proprie informazioni false, quali improbabili trattamenti termici sull’aria o sulle batterie dei terminali per neu-tralizzare le cariche virali.

AiCARR ritiene fondamentale basarsi esclusivamente su evidenze scientifiche: qualunque altro approccio può solo generare confusione, se non vero e proprio panico tra gli operatori del settore e gli utenti finali degli impianti.

2. Possibile diffusione del SARS2-CoV-19 tramite aerosol

Il SARS-CoV2-19 è un virus che si ritiene sia trasmissibile da persona a persona con tre modalità [1]:

1) per contatto ravvicinato e diretto con una persona infetta;

2) per inalazione di goccioline liquide prodotte dalla persona infetta;

3) tramite contatto con superfici contaminate dal virus.

Parte delle goccioline liquide prodotte dalla persona infetta è di dimensioni così piccole, dell’ordine delle decine di nanometri [3], da non risentire delle forze gravitazionali: rimane in sospensione nell’aria e forma il bio-aerosol (CDC, 2019).

La diffusione del virus tramite bio-aerosol è un meccanismo riconosciuto dall’OMS, anche se non pubblicizzato (WHO, 2020a), e ritenuto efficace solo su brevi distanze, qualche metro in ambiente chiuso, e in vicinanza di una sorgente infettiva significativa, il malato di COVID-19 (WHO, 2020b), nel qual caso l’OMS evidenzia la necessità della ventilazione. Quello che risulta ad oggi controverso è quanto sia statisticamente significativo tale meccani-smo di contagio, il bio-aerosol, rispetto al contatto diretto e alle goccioline “pesanti”. L’OMS tende a minimizzare tale importanza mentre la comunità scientifica internazionale che ricerca nello specifico settore della diffusione delle particelle, quindi dei virus, riporta evidenze che ciò avviene in altre malattie di origine virale e, per analogia, anche nel caso del SARS-CoV2-19. Per questi motivi, nella gestione degli impianti conviene considerare anche il rischio da contagio da bio-aerosol, seguendo il criterio della massima sicurezza, indispensabile in situazioni come quella che stiamo vivendo.

D’altra parte non c’è alcun dubbio che l’aumento di portata d’aria esterna di rinnovo riduca il rischio [2], come con-fermato da studi sul controllo di malattie infettive (Gammaitoni et al., 1997; Kibbs et al., 2011) e suggerito da una stessa linea guida dell’OMS (WHO, 2009), almeno per gli ospedali.

3. Ipotesi di partenza

La posizione di AiCARR si basa su tre ipotesi di partenza:

1) la trasmissione via aerosol è l’unica potenzialmente connessa agli impianti di climatizzazione: l’ipotesi di tra-smissione del virus non è dimostrata con certezza né negata e va quindi comunque considerata seguendo il criterio della massima sicurezza;

2) la mancanza di una evidenza dell’importanza della trasmissione per bio-aerosol nei luoghi non di ricovero de-gli ammalti di COVID-19, ribadita dal WHO, fa supporre che le altre forme di contagio siano preponderanti, ma questo proposito, gli scienziati sostenitori della trasmissione del virus via bio-aerosol, sostengono che ci sia ancora molta strada da fare per giungere a quantificarne la importanza relativa rispetto alle altre che può es-sere non così trascurabile come pensato;

3) è un dato ormai certo che l’infezione virale si è principalmente propagata a causa degli infetti asintomatici, che ignari di esserlo, hanno contagiato quanti incontrati nei luoghi di lavoro e negli spazi pubblici e privati, e fintan-toché uno screening epidemiologico di massa non consentirà di individuare e isolare i portatori sani del conta-gio ogni precauzione che può limitare il rischio è non solo benvenuta ma necessaria. 2

Quindi, quanto di seguito riportato si basa sulla ipotesi che, essendo le persone i portatori del contagio e dal momento che l’isolamento non può e non deve durare a lungo per poter riprendere le attività produttive necessa-rie, il controllo dell’eventuale trasmissione per via bio-aereosol tramite un’adeguata ventilazione controllata degli spazi occupati possa ridurre sensibilmente il rischio di contagio.

4. Considerazioni sull’evolversi del contagio

Allo stato attuale non è prevedibile la data di fine emergenza. E’ molto probabile che bisognerà gestire un periodo di transizione prima del ritorno alla vita “normale”, se non altro perché:

a) il virus potrebbe non essere del tutto debellato nel territorio nazionale e bisognerà prepararsi ad alcuni contagi di ritorno, come sta accadendo in Cina;

b) in autunno e in inverno potrebbe esserci una parziale recrudescenza del virus, a causa del clima particolarmente adatto alla diffusione delle malattie virali assimilabili all’influenza, quali la COVID-19;

c) la ripartenza sarà lenta e sarà giusto continuare a mantenere una certa distanza sociale, utilizzando lo smart working, dove possibile, e l’ingresso contingentato nei luoghi affollati, come supermercati, farmacie, uffici pub-blici, cinema, teatri, ristoranti e tutti gli altri locali che prima o poi si riapriranno. Andrà anche considerato il fattore umano: chi sarà costretto a lavorare in ambienti chiusi, o anche solo a frequentarli saltuariamente, avrà bisogno di condizioni di comfort termico e qualità dell’aria più stringenti che non in con-dizioni normali. Una situazione analoga si potrebbe avere nelle abitazioni, dove le persone potrebbe dover restare per un maggior numero di ore rispetto al solito.

In tali situazioni sarà obbligatorio utilizzare sia gli impianti di climatizzazione la prossima estate, che quelli di ri-scaldamento il prossimo inverno, non solo per quanto detto, ma anche perché mai come in questo momento bi-sogna tutelare le persone deboli, in primo luogo gli anziani: è inutile non farli uscire per poi aggravare la loro si-tuazione con temperature troppo alte in estate o troppo basse in inverno nelle abitazioni, soprattutto in quelle pic-cole e anguste.

5. La gestione degli impianti di climatizzazione per la prossima estate e per il prossimo inverno

Come nel secondo documento pubblicato da AiCARR sul proprio sito [2], qui si parla di impianti esistenti, ad esclusione degli impianti speciali, quali quelli ospedalieri o a servizio di camere bianche e laboratori, che devono essere affrontati specificatamente uno per uno per capire quale sia la strategia migliore e che sono oggetto di un altro documento AiCARR.

5.1. Impianti a servizio delle residenze

In assenza di contagiati in casa non ci può essere il virus, quindi l’accensione dell’impianto termico e di quello di climatizzazione non influisce in alcun modo sul rischio di contagio.Se vi fossero contagiati in casa, sarebbe la loro presenza a determinare il rischio, che non aumenterebbe a causa dell’accensione dell’impianto.

In questo caso, le persone presenti nell’appartamento devono prendere tutte le pre-cauzioni del caso, quanto a protezioni personali e comportamenti. L’utilizzo o meno dell’impianto è quindi solo una questione di opportunità relativamente alla temperatura da mantenere in ambiente: è il medico che deve de-cidere cosa fare.

In qualunque situazione, i locali devono essere il più possibile ventilati; in assenza di impianto VMC-ventilazione meccanica controllata con portatad’aria esterna sufficiente, bisogna aerare mantenendo le finestre aperte il più possibile. In presenza di un impianto VMC, si devono seguire le indicazioni riportate nel documento AiCARR [2].

5.2. Impianti a tutta aria a servizio di un unico ambiente

E’ il caso dei supermercati (aperti sempre, anche in periodo di emergenza), oppure di alcuni locali pubblici fre-quentati da molte persone contemporaneamente, quali negozi, centri commerciali, ristoranti, bar, cinema, teatri e palestre (chiusi in emergenza), nei quali è l’affollamento a determinare il rischio maggiore, sia per chi staziona in ambiente per il tempo di lavoro, sia per chi entra e si trattiene solo il tempo necessario a soddisfare le proprie esi-genze.

Quando riapriranno le attività attualmente chiuse, è probabile che per un certo periodo l’affollamento sarà giustamente contingentato, così come accade oggi nei supermercati.In tutti i casi è fondamentale aumentare la portata d’aria esterna per ridurre il rischio (Vio, 2020), eseguendo quanto proposto nel documento AiCARR [2].

In particolare, il ricircolo interno dovrebbe essere sempre chiuso, unicamente per aumentare la portata d’aria esterna di rinnovo. Laddove ciò non fosse possibile per la conforma-zione dell’impianto, come riportato in [2] nel caso di roof top, la presenza del ricircolo dell’aria ambiente non au-menta il rischio di contagio.

5.3. Impianti a tutta aria a servizio di grandi edifici

Questa categoria comprende gli impianti VAV-a portata d’aria variabile e gli impianti con post di zona o a doppio canale, con e senza portata variabile, tutti generalmente concepiti per edifici di medie e grandi dimensioni in cui l’impianto, qualunque sia la sua tipologia, collega zone dell’edificio tra le quali le persone non hanno ragione di circolare. Il rischio maggiore di infezione rimane sempre il contatto diretto tra le persone. Se le proprietà sono di-verse, oppure se la proprietà è unica ma il movimento è limitato, almeno tra i vari piani, bisogna contingentare ancora di più il movimento delle persone e gestire molto bene l’uso di parti comuni, tenendo presente che i servizi igienici e gli ascensori sono punti estremamente critici.3Dal punto di vista impiantistico, bisogna assolutamente chiudere ogni serranda di ricircolo dell’aria seguendo le indicazioni riportate in [2], per evitare di trasmettere il contagio per via aerea in luoghi in cui non sarebbe portato dallo spostamento delle persone da un luogo all’altro.

5.4. Impianti a tutta aria con ricircolo di zona a servizio di pochi ambienti di una unica proprietà

E’ il caso dei piccoli impianti con uno o più terminali canalizzati a ricircolo di zona (quindi di più locali). Probabil-mente è il caso più controverso, perché l’aerosol diffonde in tutti gli ambienti serviti dall’impianto e non rimane sol-tanto nei locali dove soggiorna l’eventuale infettato asintomatico o comunque la persona che non di essere infet-tata. Questo è certamente vero, ma è altrettanto vero che è inutile chiudere questi impianti che sono a servizio di aree piccole, in una unica proprietà, dove il pericolo maggiore per il rischio di contagio è invece costituito dallo spostamento delle singole persone all’interno dei vari locali e dall’uso comune dei servizi igienici, dove è molto probabile il diffondersi del contagio. E’ stato dimostrato (Vio, 2020) che in questi casi la concentrazione di cariche virali elementari per unità di volume diminuisce, perché si ripartisce nell’intero volume servito dall’impianto. Il rischio è minore per la singola persona che soggiorna nella stessa stanza dell’eventuale contagiato, ma è esteso a tutte le persone presenti nell’intera zona servita dagli impianti, che significa minor rischio per più persone. Chi non può lavorare da casa, e quindi si trova all’interno della zona in cui è o è stato presente il contagiato, è comunque a rischio per le altre due forme di contagio di cui al paragrafo 2.Ciò non vuol dire che questi impianti si comportino meglio di quelli ad aria primaria, trattati dopo, perché diffondo-no aerosol ovunque. Significa solo che la loro chiusura non porta a sostanziali riduzioni del rischio, proprio a cau-sa del movimento inevitabile delle persone. Ancora una volta il contenimento va fatto contingentando l’affollamento, promuovendo lo smart working e control-lando molto bene la salute di chi entra nei locali.

5.5. Impianti ad aria primaria

In questa categoria rientrano gli impianti con terminali ambiente dotati di ventilatore (ventilconvettori, cassette, sistemi VRF – VRV), gli impianti a travi fredde, gli impianti con sistemi radianti o qualsivoglia altro impianto con ricircolo nel singolo ambiente. Tale ricircolo dipende dalla portata di aria mossa in quelli con ventilatore, e dalla portata di aria di rinnovo nelle travi fredde attive, mentre nei sistemi radianti è funzione della loro quota di scambio convettivo, che può sfiorare il 50% nei pavimenti radianti in riscaldamento e nei soffitti radianti in raffrescamento. Non tutti i terminali sono in grado di filtrare l’aria, anche se in ogni caso i filtri normali non filtrano l’aerosol, caratte-rizzato da un ordine di grandezza di decine di nanometri [3]. Inoltre, sia per i filtri normali che per altri filtri partico-lari attualmente non ci sono prove sulla efficienza di filtrazione nei confronti del SARS-CoV2-19, né in un senso, né nell’altro. Quindi, allo stato attuale non vi può essere alcuna distinzione tra terminali diversi.Qualunque sia la tipologia di impianto, non ha alcun senso interrompere il funzionamento dei terminali, perché il rischio di contagio rimane inalterato.Il documento REHVA COVID19-Guidance consiglia di spegnere quando possibile i terminali con ventilatore e i sistemi a induzione, come le travi fredde o in alternativa di tenere i ventilatori sempre accesi per evitare il feno-meno della risospensione del virus. Secondo AiCARR questo non è necessario: in (Vio, 2020) è dimostrato che anche qualora i terminali rimettessero in circolo il 15% in più di cariche virali elementari, cosa tutta da dimostrare e per nulla assodata, l’eventuale aumento del rischio di contagio sarebbe del tutto marginale e comunque più che assorbito da un contemporaneo aumento della portata d’aria esterna di rinnovo, secondo le indicazioni del docu-mento AiCARR [2].Di nuovo, per limitare il rischio nei prossimi mesi si dovrà contingentare l’affollamento delle persone negli ambien-ti, che devono essere igienizzati molto bene.

6. Conclusioni

Gli impianti di climatizzazione possono aiutare a ridurre notevolmente i rischi da contagio se si aumenta la portata dell’aria di rinnovo seguendo le indicazioni riportate in [2]. Durante la prossima estate e il prossimo inverno, quando ancora si sarà probabilmente in condizioni di transitorio, sarà inutile e dannoso spegnere qualunque tipo di impianto di climatizzazione e riscaldamento: questi dovranno funzionare per salvaguardare la salute delle persone a casa, al lavoro e nei luoghi pubblici. Sono e saranno molto più importanti tutte le altre precauzioni, come le protezioni individuali, i comportamenti e l’affollamento delle per-sone nei locali.

Bibliografia

CDC. 2019. Guidelines for Enviromental Infection Control in Health – Care Facilities, US Department of Health and Human Service Centers for Disease Control and and Prevention, (CDC) Atlanta, GA 303029.

Gammaitoni L., Nucci M.C. 1997. Using a mathematical model to evaluate the efficacy of TB control measures. Emerging Infectious Disease, 3, 335-342.

Knibbs L.D., Morawska L., Bell S.C., Grybowski P. 2011. Room ventilation and the risk of airborne infection transmission in 3 health care settings within a large teaching hospital. American Journal of Infection Control, 39, 866-872.4

Vio M. 2020. Gli impianti di climatizzazione e il rischio di contagio: ipotesi sul SARS-CoV2-19 partendo dal caso della comune influenza, AiCARR Journal N. 61.

WHO. 2009. Natural Ventilation for Infection Control in Health-Care Settings. WHO Publication/Guidelines, WorldHealth Organisation.

WHO. 2020a. Water, sanitation, hygiene and waste management for Covid-19. Technical Brief 3 march 2020, World Health Organisation.

WHO. 2020b. Infection prevention and control during health care when COVID-19 is suspected – Interim guidance 19 March 2020, World Health Organisation

Webgrafia

[1] https://www.aicarr.org/Documents/News/200313_AICARR_SARSCOV2_19.pdf

[2] https://www.aicarr.org/Documents/News/200318_SCHEMA_GESTIONE_HVAC_SARSCoV219_DEF.pdf

[3] https://www.facebook.com/166926706674788/videos/670009977106388/

Fonte: AICARR (Associazione Italiana Condizionamento Riscaldamento e Refrigerazione)

Download Documento